HAPPY DAYS&Other Allegories

HAPPY DAYS and OTHER ALLEGORIES

 

Inizio col dire che mi avvicino sempre con circospezione a lavori così concettuali.

A fare troppe foto concettuali si diventa ciechi.

 

Ma qui, a differenza di tante volte c’è il manico.

Un lavoro molto contemporaneo quindi soprattutto per il tema scelto, ovvero il sopravvento della natura sull’uomo, estremamente focalizzato in questo periodo.

Realizzato con tempistiche fotogiornalistiche, ma che nasconde un pensiero da long-term project.

 

La quarantena imposta crea opportunità di riflessione, e spesso l’immobilità spaziale diventa trampolino di un’indagine interiore che spazia nella nostra storia.

Partendo da piccoli elementi quotidiani (un angolo della propria casa, la vista dal balcone) Marco Guidi imbastisce un percorso in una realtà distopica in cui le città diventano grandi zoo.

Le fotografie degli animali e degli umani sono di viraggi diversi. Per gli animali c’è una simulazione delle tonalità delle foto ricordo degli anni sessanta e settanta, che tutti abbiamo in casa, quando il bianco e nero spesso era virato in seppia o il colore assumeva tonalità tendenti al rosso o al rosa. La stessa operazione è stata fatta con l’umano per sottolineare come questa condizione  invecchi improvvisamente molte persone. Come se fosse una stampa rovinata, di molti anni prima. Inoltre i viraggi sono un omaggio alla storia della fotografia, come se il ricordo fosse onirico.

 

Marco Guidi è un fine indagatore delle realtà urbane contemporanee che esplora con un grande o medio formato tenue e senza fronzoli.

Ma in un momento in cui la città gli è negata, si rifugia nelle fotografie del passato mostrando un ribaltamento dei ruoli uomo/animale.

In un’ambientazione surreale gli uomini sono chiusi in gabbia e gli animali liberi di nutrirsi, accoppiarsi, spostarsi come mai prima d’ora, al punto da potersi persino spingere a spiare, irridere, giudicare, gli umani costretti nei loro spazi angusti.

Un esempio evidente che per documentare “I Giorni del Virus” non è sempre necessario porsi sulla prima linea del contagio, ma è possibile giocare con la propria realtà per crearne una, dieci, cento diverse. 

L’importante è farlo nel chiuso delle nostre gabb… Ehm intendevo dire case.

 

 

Marco Brioni

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