Fotografie per gentile concessione di ©Mauro Quirini, autore
Testo di Marco Guidi
di Marco Guidi
Non importa quale luce, non importa l’orario. Nei ricordi derivanti da sogni e visioni questi sono elementi insignificanti. Non c’è il tempo, non c’è ticchettio assordante. Giorgio DeChirico potrebbe aver dipinto una tela da pochi minuti, e ora, mentre Quirini fotografa, potrebbe sorseggiare un caffè vicino al mare in compagnia di Carrà o Sironi. Si danno il cambio tra loro, tanto quegli omini che si aggirano per piazze e città perfette, pulite, li vede anche Lui, Mauro. Anzi, uno di quegli omini è proprio Lui, si aggira tra forme, tra bianchi che rappresentano una perfezione nella gestione degli spazi,e neri come indici su carte nautiche per l’esplorazione del proprio circondario. Tramite il suo sguardo possiamo vedere il punto di vista di chi è dipinto nei quadri di DeChirico. E’ il fotografo che vaga tra piazze, marine, porticati, volumetrie affascinanti e forme razionaliste. Marine soprattutto, con i loro segni identitari che tramite la fotografia rappresentano un senso di libertà fruibile prima ancora di salpare.
Nelle immagini fotografiche di Mauro Quirini sembra di essere in un lungo pomeriggio del passato, in un mondo privo di orologi e calendari.
Ci chiediamo continuamente dove siamo, ma lo spazio è talmente dilatato che lo stesso luogo lo ritroviamo periodicamente con sembianze diverse, o distorte, grazie ad una rappresentazione metafisica del mondo che richiama la concezione del sogno, con angolazioni alternate e percezioni sempre nuove.
Questa insistenza dolce e struggente nel voler decifrare, anzi, trovare la dimensione del sogno nella realtà che circonda Mauro Quirini è un qualcosa che lo ossessiona, che lo spinge a fotografare in continuazione, conferendo un’ idea di “Altrove” alle sue immagini fotografiche, con l’intento di mostrare più dell’oggettiva rappresentazione topografica o altresi’ della documentazione del paesaggio urbano sociale nell’arco di oltre quindici anni.
Ogni foto è un respiro che si aggiunge pian piano ad uno più ampio quale gratificazione nel voler carpire la realtà come un elenco di sogni, giorno dopo giorno, notte dopo notte.
In fondo però Quirini sa che non è possibile completamente traslare la realtà in sogno, ma ma fotografia in questo è un’aiutante clemente e generosa, e lui ne approfitta, passando dal bianco e nero, in cui come Robert Adams cerca la bellezza, ad un colore per cui si permette, conscio delle possibilità del digitale, di avvicinarsi in maniera più completa possibile alle visioni che scandiscono la sua routine. Certo è il richiamo a Luigi Ghirri o a Guido Guidi, ma ciò che caratterizza Mauro, è una profonda insistenza nel voler ottenere di più dalla zona romana, che batte come un perlustratore, un sommozzatore che cerca nell’abisso dei suoi ricordi quotidiani, di ricostruire una documentazione dei suoi perché.
È fondamentale capire un atteggiamento prima di capire le fotografie. Non importa tanto la ripetibilità stilistica. Il suo sguardo ha fame di circostanze, si approccia alla fotografia nel tentativo di dare un volto a tanti deja vu, a tanti “Qui ci sono già stato”. Magari in sogno, magari in un’altra vita. Il fotografo è un’abile archeologo che dissotterra resti e frammenti di fasi rem direttamente dagli strati del reale, o meglio, da quello che è più in superficie.
Che sia un neorealismo metafisico il suo? Come se documentasse periodi indefiniti in cui chiunque o qualunque cosa compaia in fotografia, vive brevi attimi di perfezione.
Il suo corpus di fotografie in bianco e nero è un vasto album di ricordi da sondare per comprendere frammenti di un vissuto il quale, ogni anno che passa, viene trasportato dal vento, ogni nuova primavera riporta le atmosfere di quei sogni argentici che sono come uno sperone di roccia a cui aggrapparsi per non scivolare nel baratro dell’oblio, per non perdere quegli attimi essenziali di vita assaporata, di comprensione di un altrove del quale l’atto fotografico e i toni del bianco e nero si fanno parola chiave per accedere alla soglia che riporta indietro nel tempo, a quel tempo immortalato non tanto dallo scatto della fotocamera, il che sarebbe amatorialmente retorico, ma dal prendere atto di aver vissuto qualcosa di più grande del visibile stesso, che merita allora di essere con-divisibile, non a caso Mauro Quirini peridicamente ricondivide le sue immagini fotografiche, le stesse, le più importanti, sui social, a suo dire, per vecchi e nuovi amici, per far si che quelle fotografie vengano viste anche come l’esempio per comprendere come la semplicità dello sguardo, annulli la pretenziosità dell’avere, di un avere materiale sempre maggiore, e permetta di possedere il mondo intero per un istante, senza che si parli di proprietà privata.
Questo è il riassunto dell’atto fotografico dell’autore romano, forse ancora convinto di non vedere bene, e lo sintetizza anche Baudelaire:
Che incanto magico e profondo! Come ci inebria
il passato restaurato nel presente,
Così l’amante su un adorato corpo,
Coglie il fiore squisito del ricordo
Che si tratti del periodo bianconerista o dell’attuale fase a colori, per lui lo scopo dell’immagine nella sua chimicità o numericità è ottenere e riprodurre il momento in cui la palpebra e’ socchiusa, in cui i contorni sono indefiniti e la mente rincorre il momento in cui era sospesa, dove tutto è al suo posto e dove qualcosa accade sempre, ma senza il vincolo del tempo. Trascrittore del reale, che non altera minimamente a livello di presenze, nel senso che non è un costruttivista, la sua cifra stilistica è particolare e assolutamente riconoscibile, dove pur mantenendo una certa nitidezza, tutto, tra luci, ombre e mezzitoni viene scaldato, come nel ricordo atemporale di un lungo pomeriggio di ordinaria perfezione.
Poi però c’è il risveglio, e Quirini deve fare i conti anche con la realtà. Allora smette in queste circostanze i panni da onirografo argentico e indossa quelli da lavoratore, e come un rappresentante empatico ritrae quelli come lui, i lavoratori, gli operai, uomini da bottega o nottambuli, riassumendo il tutto in un unico motivo, ovvero quello di cercare di rendere con la fotografia, in un modo o nell’altro, nel nostro piccolo o in grande, il mondo un posto migliore, tramite una scintilla di verità.
Mauro Quirini, un fotografo straordinario, che merita valore ed un suo posto nella fotografia italiana d’autore.
Un uomo libero, che sempre amerà il sogno, il suo specchio.
N.B. Tutte le fotografie sono un’estrema sintesi di vari serie dell’autore.
Mauro Quirini – Antologia