Di seguito il testo della prefazione del libro e una selezione di fotografie estratta dalle quattro sezioni dello stesso.
di Marco Guidi
Questo libro raccoglie una selezione di fotografie di Giuliano Passuti realizzate tra l’estate del 2018 e quella del 2021. Mi è sembrato corretto suddividere le fotografie in quattro sezioni non a se stanti, ma ognuna delle quali propedeutica per quella successiva, per arrivare a quella finale che è il fulcro di tutto. Queste fotografie di Giuliano mi hanno colpito in qualche modo, ma non erano niente di più che immagini fotografiche digitali contenute in un ampio archivio al computer. Dopo aver comunicato a Giuliano la mia idea relativa al farne qualcosa di più, è nato questo progetto, perchè se, ipoteticamente, queste fotografie potevano passare inosservate a molti, per me celavano e celano tuttora un significato profondo e importante, qualcosa di bello. Non sono le fotografie d’epoca di uno scattino, emblema di un periodo storico, di decades affascinanati e come vedremo, nemmeno si tratta di una ricerca antropologica in senso stretto.
La spiaggia è un’enorme villa senza pareti, piena di corpi da osservare, e prima ancora da incontrare. Le nègligès quasi inesistenti di tante governanti vengono spiate più bonariamente che maliziosamente dall’unico buco della serratura, che è il mirino delle fotocamere di Giuliano, instaurando così una riflessione speciale su fotografia, spazi aperti e voyeurismo. In questo modo l’autore evidenzia a modo suo l’amore per l’umanità e il mare, in particolare per le donne, sempre presenti nella sua vita quali figure centrali nelle sue esperienze e nella cerchia degli affetti, tra gioie e sofferenze. Donna come madre, moglie, compagna e figlie.
Giuliano fotografa quello che c’è. Vuole rompere, alzando un pò la voce, degli schemi, o dei luoghi comuni. Non è un guardone, anzi, mette solo in evidenza il fenomeno da narratore coinvolto, come un cantastorie che cammina incessantemente tra i moli delle frazioni balneari tra Bellaria Igea-Marina, Gatteo a Mare e Cesenatico.
Un pò come il regista Morgan Spurlock, che per un mese ha mangiato da McDonald per dimostrare le conseguenze.
In spiaggia al giorno d’oggi è purtroppo sufficiente un telefonino per riprendere di nascosto determinate scene con donne e ragazze in costume e avere un’anteprima per godere di fantasie proibite o squallide. Giuliano fotografa con la macchina fotografica senza nascondersi, e non va a cercare appositamente i corpi, ma sono questi che gli scorrono davanti, e in base alla sua posizione, scatta, ovvero batte le ciglia. Qualcuno dei suoi soggetti ha fatto delle rimostranze, chiedendo anche sgarbatamente il perchè del suo fotografare, mi ha raccontato, ma se i sospetti erano solo su di lui, unico fotografo “tradizionale” tra centinaia di telefoni cellulari insospettabili di giovani e meno giovani, sicuramente non artisti, ecco, lui era l’unico innocente.
C’è quindi una differenza profonda tra chi, come Giuliano, prende immagini visibilmente per una questione artistica, solo in parte voyeuristica, ma del resto stiamo parlando di fotografia, e soprattutto connessa ad un’estetizzazione di una corporeità slegata dall’erotismo, e chi invece in maniera invisibile a scopo meramente pornografico o sessuale.
Le sue sono fotografie che potrebbero essere state scattate da Leon Levinstein trasferitosi a lungo termine sulla riviera Adriatica, sfruttando la formalità del bianco e nero di Will Connell o Lisette Model, certi accostamenti di John Coplans o visioni alla Stephen DiRado, ma non è così.
A Giuliano interessa essere se stesso, anche se costa tempo e fatica. Gli viene spesso rimproverato il suo bianco e nero digitale contrastato, con chiarezza accentuata. “Un bianco e nero violento”, gli dicono, ma non importa. Un fotoamatore potrebbe approfittare della vasta gamma di effetti offerti dai software digitali di fotoritocco, è sufficiente giocare con i cursori per vedere “cosa viene fuori”, per passare il tempo a “modificare” le foto.
No, Giuliano No, dice “Ho sempre lavorato così”. E allora crediamogli, del resto la costanza premia.
Il suo bianco e nero è solo apparentemente violento, e riesce a porre sullo stesso piano materico il corpo e il mare, evidenziando come quei tratti imputati come antiestetici, ma contemporaneamente estatici dell’imperfezione, qualcosa per cui la maggior parte delle persone tende a voler porre rimedio non appena vengono notati o fatti notare, si fondono invece perfettamente e naturalmente con le increspature del mare. In questa concezione allora, in questa visione della corporeità non è pericoloso chi ha la macchina fotografica, ma soprattutto chi non cel’ha.
Non ci si deve scandalizzare, sembra volerci insegnare Giuliano, in fondo i corpi, la seminudità, è quello che c’è. Le cose come sono nella realtà balneare. Quindi mette in luce, con un’operazione quasi più artistica che documentaria e antropologica, una performance che dura quanto il periodo estivo, volta a simulare l’azione di un certo sguardo misogino, malizioso e voglioso , che è presente nelle spiagge e verso il quale c’è una certa noncuranza. Ma non è tutto, questo solo ad una prima lettura. Quello che mi sento di dire, è che lui, come altri, prova a intravedere un mondo migliore semplicemente partendo da quello che ha davanti.
C’è la ricerca di una verità che potremmo definire fenomenologica, certo, ma coerente e profonda, prima di tutto per chi ha realizzato queste fotografie, che mi viene da dire, non sono affatto originate
da un’intenzione isterica, eccessiva, (termini usati dall’amico Silvio Grilli) o dall’ostentazione di un’ indole da cacciatore fotografico, ma da una base equilibrata, da quella bellezza, termine che ha analizzato meglio di chiunque altro Robert Adams, che altro non è che una profonda connessione con il luogo in cui si vive, e di conseguenza con la fauna spirituale presente.
Come Adams, Giuliano affida alla fotografia il compito di sussurrare e offrire una nuova consapevolezza che è tanto etica quanto visiva. C’è la ricerca di una pace dello sguardo in situazioni che nel reale vanno spesso dallo schernire allo scandalizzare. Ma non c’è nulla che deve scandalizzare del resto, i corpi e neppure la loro forma. Ci risponde Archie R.Ammons in questo, quando dice che “Le forme dell’informe ci angosciano di più, alludono a Dio”.
L’assoluta sensibilità del lavoro di Giuliano sta nel mostrare un’umanità nel suo più profondo desiderio quando si trova in questo luogo, cioè una comunione con il mare, una sola fisicità, un solo ente.
La lettura è dunque, in coerenza con il concetto di bellezza, anche la rivelazione della vita dell’autore
La conferma che la fotografia è tutt’uno con la vita, e in questo caso, con il corpo, e con il mare.
Giuliano ,come poeta della carne intrisa di valore spirituale, sta al mare come Walt Whitman al paesaggio americano, si approccia senza titubanza a quell’ “Umanità spiaggiata” che ama senza compromessi e senza condizioni. Intromettendomi in una poesia dello stesso Whitman, semplicemente citando il mare, verrebbe da riassumere così l’insieme di fotografie presenti in questo libro:
Non c’è mai stato più inizio di quanto ce ne sia ora,
Nè Più Giovinezza o vecchiaia di quanta ce ne sia ora,
E non ci sarà mai più perfezione di quanta ce ne sia ora,
Nè più paradiso o inferno di quanto ce ne sia ora,
(il mare)
Sprona, sprona, e sprona,
Sempre la procreante spinta del mondo,
Fuori dall’oscurità, avanzano gli uguali sui lati opposti, -sempre-sostanza e aumento, sempre sesso,
Sempre un intreccio di identità, sempre distinguere, sempre una generazione di vita,
(davanti al mare)
Elaborare è inutile, colti e incolti sanno che è così.
Prima di lasciarvi alle fotografie e ad altri testi che abbiamo deciso di abbinare alle sezioni come dei sentimenti romanzati, mi sembra coerente citare Henry Miller, con la sua frase sull’arte: “L’arte scomparirà del tutto quando avremo imparato abbastanza”.
Da qui Minor White, che indica come le buone fotografie debbano aderire perfettamente alla vita. Ecco, mi sento di augurarmi che l’arte non scompaia mai, certo, anche per onestà intellettuale, di sicuro non per via di questo lavoro, che del resto però, sono certo di dire aderisca perfettamente alla vita.