Fotografie di Paul Kooiker, tratte dal libro “Room Service”
di Marco Guidi
Rotterdam, 1978
Paul ha quasi quattordici anni. Mentre a Rotterdam la routine si avvia al suo normale decorso di un martedì mattina come tanti, Paul era a casa da scuola. Dalla sua stanza, osservava la colf mentre spolverava alcune vecchie fotografie di famiglia, incorniciate e appoggiate su una mensola nel tinello, altre in una credenza. Le fotografie ritraevano i suoi nonni e bisnonni, erano tutte in bianco e nero, molte con dei viraggi particolari, alcune erano seppiate, altre stampate all’albumina, altre ancora erano simili alle vecchie calotipie. Alcune erano ritratti formali, altre erano fotografie che raffiguravano la vita nei campi.
Si perdeva con lo sguardo e la fantasia in quei mondi passati, quasi senza riuscire a immaginarsi la vita a colori nel passato.
E poi c’era lei, ed era solo, quindi altre fantasie, altri desideri e pulsioni, altri mondi. Cosa si cela nella testa di un adolescente? Tante cose, tra cui un’idea nuova e personale di sessualità, resa tabù da una famiglia col senso del pudore come vangelo. Tranne sua nonna, che una volta, guardandolo alle prese con un giornale che tentava di nascondere, gli aveva detto con dolcezza che non c’era nulla di sbagliato e trasgressivo nella nudità. La differenza stava nell’approccio, e nell’idea di donna che doveva sviluppare.
Non doveva vergognarsi di nulla in fondo.
Anche quando la nudità si manifesta in un corpo di donna, maturo, corpulento, dalla pelle bianca, emblema di una sensualità classica, di omerica bellezza. E questo il giovane Paul Kooiker lo stava imparando bene. Non c’era nulla di sporco in quei pensieri.
Osservava e rubava con gli occhi, nutrendosi dell’immagine di lei, senza perdersi nessuno dei suoi movimenti, godendo della sua presenza in casa, con discrezione, mentre fingeva di studiare per il compito di matematica, e di tanto in tanto, giusto per rendersi anco più anonimo agli occhi di lei, sfogliava il fascicolo con le fotografie dei calciatori della nazionale olandese, prossimi ai mondiali in Argentina. Non ci sarebbe stato il suo idolo, Crujiff, assente per scelta, data la dittatura in corso nel paese alla fine del mondo. Quello del calcio era un interesse che lo faceva stare al passo coi tempi, insieme agli amici, ma la passione, per la quale si perdeva in un vortice di curiosità e creatività, era la fotografia. Col suo amico Eric avrebbe coinvolto parecchi ragazzi verso il mondo delle immagini negli anni a seguire.
A un certo punto la colf si spostò, e si mise a pulire in prossimità della libreria. La poteva vedere bene dalla sua stanza, con il vestito nero che evidenziava, gentile, come un Maitre quando illustra le doti di un buon vino, le forme giunoniche che muovendosi, avevano quasi lo stesso ritmo delle sue fantasie, creando nella sua mente un pattern che solo le aspettative oniriche di un neo-adolescente saprebbero comporre. I polpacci, in carne e chiari, lasciati scoperti dalla gonna della divisa, erano in bilico sulle scarpe, anch’esse nere, ed erano la ciliegina sulla torta, e nel suo sogno si ingrandivano, come in una prospettiva distorta, la sineddoche della sua fase rem.
La immaginava come le donne disegnate da quell’artista italiano, i cui film aveva trovato in casa dello zio. L’ultimo che aveva visto di nascosto insieme a Eric, uscito cinque anni prima, gli era piaciuto particolarmente. Aveva un titolo strano, Amarcord.
Dopo un po’ non riuscì più a fingere e a concentrarsi in quello che stava facendo, e con la scusa di ascoltare musica col suo mangiacassette portatile, iniziò con fare innocente a gironzolarle intorno, come un insetto un po’ impacciato…
2008:
Ora, trent’anni dopo, come una reminescenza di quei ricordi e di quei sogni, dalla creatività del fotografo e artista olandese sgorgano queste miniature, tributi in alcuni casi per forma, a certe tipologie di stampa nella storia della fotografia, in altri in bilico tra una sorta di fotografia unaria ed un voyeurismo borderline ,fino a fotografie che sfiorano e rimandano per classe e tipologia cromatica, ad una certa sensibilità di matrice giapponese. Fino ad arrivare a immagini che per i forti contrasti, in modo riuscito ricordano i nudi in certe xilografie alla Vallotton.
Non c’è nulla di improvvisato, la fotografia ricalca i desideri, i sogni e le passioni custoditi in tanti anni. E’ un lavoro disinteressato quello di Kooiker, non ambisce al riconoscimento, non mira a soddisfare nessuno, non cerca di raccontare nulla, di dare certezza o risposta alcuna. Dando per scontato il concetto di eterna domanda della fotografia, ci invita semplicemente a essere empatici nei confronti delle sue visioni, a scavarci dentro, per scoprire semplicemente che in fondo sono anche le nostre. Può darsi anche che, volendo trovare anche un lato ironico, Kooiker voglia rinascere romagnolo, questo chi lo sa.
Gli overflashing che quasi rendono stilizzate le figure femminili, annullano qualsiasi trasparenza e distanza e ci fanno tuffare nella materia vera e propria. Ricordano esplosioni orgasmiche di chi si appresta a conoscere il proprio corpo e le sue potenzialità, e con esse a protrarsi in avanti verso nuovi mondi, con un canto unico di corpo e mente. La bellezza venerea di Willendorf, l’attrazione primordiale espressa in modo talmente diverso da quello a cui facciamo riferimento oggi, si rispecchia e si coniuga con il modello rivisitato in chiave onirica della fraulein del nord europa. Senza voler assolutamente essere sessisti.
Non è un provocatore in senso stretto, neppure troppo spregiudicato. Con le sue immagini ci mette a quattr’occhi con delle convinzioni che poi ribaltiamo e superiamo per il semplice fatto che non possiamo chiudere gli occhi, o svoltare per un vicolo cieco, davanti all’incrocio dell’attrazione che vive in ciascuno di noi, ma possiamo domarla con eleganza. La fotografia è maestra. Questo il noto visuale olandese ce lo mostra con trasparente onestà intellettuale, facendoci immergere in una bellezza diversa dagli stereotipi plastici a cui diamo credito. E lo fa elevando un apparente voyeurismo quasi a valore culturale. Aprendo la mente.
In Room Service, in questo caso ma anche in Seminar, Showground, e Hunting and Fishing possiamo vedere e apprezzare (dopo aver ipotizzato) tutto questo.
E come se non bastasse, c’è una morale anche piuttosto seria.
Paul Kooiker con il suo lavoro, in particolare con Room Service, ci consiglia di guardarci dentro, addentrandoci in noi stessi come fa lui con le fotografie, viste e riviste nei meandri più nascosti e profondi, fino a scorgerne e ad evidenziarne i reticoli tipografici della carta stampata. Ci mostra come liberarci da un’idea e da un immaginario dell’estetica aggressivo, standard e imposto come un prodotto preconfezionato. Se non vediamo tutto questo come un insegnamento, allora siamo, oltre che moralisti e falsi pudici, anche un po’ ipocriti.
Paul Kooiker – ROOM SERVICE